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Razionalità obliqua

Residenza privata a Roma – Quartiere Montecitorio

Il progetto di restauro in oggetto è stata per me un’esperienza emozionante ed una sfida per le problematiche inerenti l’antichità dell’immobile.  L’appartamento si trova infatti in un palazzo settecentesco e gli ultimi interventi di manutenzione risalivano agli anni ’60.

La pianta dell’immobile, caratterizzata dalla tipica suddivisione in cellule unitarie collegate direttamente una all’altra mediante aperture centrali nei setti murari portanti, era stata negli anni sovvertita, creando gli spazi distributivi caratteristici dell’architettura moderna ed i servizi igienici, mancanti nell’impianto originario. Le singole cellule originarie erano ormai  leggibili solo dalla tessitura dei soffitti a cassettoni, che nel corso degli anni avevano subito decori e rimaneggiamenti; le pavimentazioni originarie erano state quasi completamente distrutte per consentire il passaggio degli impianti.

L’obiettivo fondamentale del progetto compositivo è stato quello di rimuovere le superfetazioni costruttive per consentire la lettura dell’impianto architettonico come originariamente concepito. Per far ciò sono state demolite tutte le pareti divisorie non originali (ad esclusione di quella che delimita il corridoio d’accesso alla zona notte, sia per motivi distributivi sia per salvare un imponente e indispensabile armadio a muro realizzato su misura dalla precedente proprietà). Una volta liberato l’assetto originale, la scommessa è stata trovare una soluzione che mantenesse la leggibilità delle singole cellule originarie pur delimitando
gli ambienti dei servizi.

È nata così l’idea di inclinare orizzontalmente le pareti delle unità funzionali di servizio rispetto alle pareti portanti e di tagliarle ad un’altezza di 230 cm chiudendo la parte superiore con lastre in cristallo realizzate artigianalmente su misura, ancorate mediante piastre apposite alla parete sottostante ed a quelle laterali. Le pareti perdono la loro collaboratività con il contesto murario per divenire setti autonomi.

E’ questo uno dei progetti in cui particolare va il ringraziamento alla committenza per la fiducia riposta in me nell’assecondare un progetto coraggioso ed economicamente impegnativo. Il risultato finale è riuscito di grande effetto: si è raggiunto l’obiettivo di lettura dei singoli ambienti originari nella loro interezza mentre gli ambienti di servizio vengono percepiti consapevolmente come spazi accessori, sottounità della cellula spaziale.

I soffitti, dopo lungo studio, sono stati riportati allo stato originario e trattati per lasciare a vista l’essenza; per quanto riguarda le pavimentazioni con molta difficoltà siamo riusciti a salvare il pavimento in marmette di cemento colorato, presumibilmente utilizzate in un intervento dei primi del novecento, e che sono state riposizionate nell’ingresso, su disegno che riprende lo schema di posa originario.

Per i pavimenti della zona giorno lo schema di posa ha preso ispirazione dal pavimento originario in mattoni di terracotta, di cui sono state rinvenute le tracce impresse nella calce al di sotto del pavimento esistente,  sostituendolo però con un parquet in iroko disposto a spina di pesce,  in riquadri corrispondenti alla proiezione delle travi del soffitto.
Prima della posa dei nuovi pavimenti si è proceduto ad un consolidamento mediante apposizione di rete elettrosaldata ancorata alle murature portanti. Per le finiture delle pareti si è utilizzato un intonaco a calce naturale Biocalce di Kerakoll seguito da Biocalce tinteggio.

Nel complesso si è trattato di un restauro che pur valorizzando i tratti originari dell’organismo abitativo ha inserito elementi fortemente contemporanei , a conferma di come un uso consapevole degli elementi architettonici e delle tecnologie contemporanee possa integrarsi rispettosamente ed anzi esaltare le caratteristiche di un’architettura storica.